(lettere al Manifesto)
GIULIA CRIVELLINI *
26.07.2012
Ogni anno più di un miliardo di euro delle tasse dei cittadini vengono trasferiti ai soggetti destinatari dell’8 per mille e, secondo un bizzarro meccanismo per il quale anche chi non sceglie si vede comunque il proprio gettito ripartito, il 90% finisce alla Conferenza Episcopale Italiana.
Nel 1990 la CEI incassava 210 milioni di euro dall’8 per mille mentre a partire dal 2002 incassa 1 miliardo di euro l’anno. Cioè cinque volte quanto incassava vent’anni fa. Intanto, nello stesso periodo, le spese per lo stipendio dei sacerdoti (la principale voce cui la legge vincola l’uso dei fondi) sono passate dai 145 milioni di euro del 1990 ai 358 milioni di euro del 2010, poco più che il doppio. In Italia, esiste una legge, la 222 del 1985, che prevede un meccanismo di valutazione triennale dell’entità del gettito, al fine di ridurre l’aliquota in caso di aumento dell’8 per mille. Quindi da almeno dieci anni la legge imporrebbe che si riducesse l’aliquota, dimezzandola al 4 per mille, ma la Commissione istituita ad hoc all’interno della Presidenza del Consiglio non ha mai reso pubblici i suoi atti né le sue valutazioni.
Proprio nel periodo in cui il Governo sta svolgendo una revisione della spesa pubblica per recuperare fondi utili alla riduzione del debito pubblico e alle riforme, chiediamo che venga
avviata al più presto la procedura prevista dalla legge. Non si parla solo di rispettare le regole, ma di far risparmiare alle casse dello Stato almeno 500 mila euro all’anno.
* Membro di Giunta di Radicali Italiani