EUTANASIALEGALE, UNA SCELTA DI LIBERTA’
Claudia Osmetti
In Italia sono quasi 90mila i malati terminali che muoiono ogni anno, principalmente di cancro. Il 62% di questi lo fa grazie all’aiuto dei medici, con l’eutanasia clandestina. Sì, clandestina, cioè illegale. Perché nel nostro Paese la “dolce morte” non è prevista a livello legislativo. Ed è per questo che molti vanno all’estero: in Svizzera o in Olanda, in Belgio, in Lussemburgo dove il suicidio assistito e l’eutanasia attiva sono consentiti dalle leggi dello Stato. In Germania e in Svezia, invece, è possibile ricorrere all’eutanasia passiva, cioè alla sospensione del cosiddetto accanimento terapeutico. Da noi, no.
Eppure oltre la metà
degli italiani, secondo le statistiche, è favorevole alla
legalizzazione dell’eutanasia. Perché oltre la metà degli
italiani crede che sia doveroso lasciare liberi i malati di
scegliere, in determinate condizioni, di preferire una morte
opportuna piuttosto che una vita imposta nella sofferenza.
Il dibattito politico
oggi non ne parla, troppo impegnato com’è a cercare di districare
la complicata matassa dell’IMU sì o IMU no. La discussione su come
si muore in Italia difficilmente conquista le prime pagine dei
quotidiani, a meno che alcune storie personali si impongano
sull’opinione pubblica per la loro forza dirompente. Come quella di
Eluana Englaro o Piergiorgio Welby.
Nel nostro la “dolce
morte” è giuridicamente assimilabile all’omicidio volontario e
il suicidio assistito è punito, a norma dell’articolo 580 del
Codice Penale, con la reclusione da 5 a 12 anni. Il diritto
costituzionale a non essere sottoposti a trattamenti sanitari contro
la propria volontà è costantemente violato, in virtù del concetto
giuridico per cui la salute è un diritto inalienabile, cioè
incedibile e tutto sommato neanche autogestibile. Altro che,
il-corpo-è-mio-e-lo-gestisco-io. “In Italia, ogni anno mille
malati terminali si suicidano per la negata eutanasia e altri mille
tentano di togliersi la vita”, ha dichiarato qualche settimana fa
Carlo Troilo, consigliere generale dell’Associazione Luca Coscioni.
Per questo proprio
l’Associazione Coscioni ha lanciato la campagna “EuntanaSIAlegale
– Per vivere liberi, fino alla fine”. Lo scopo è quello di
portare all’attenzione dei nostri parlamentari il progetto di legge
di iniziativa popolare “Rifiuto di trattamenti sanitari e liceità
dell'eutanasia”. Poche regole, chiare, che “stabiliscono con
precisione come ciascuno possa esigere legalmente il rispetto delle
proprie decisioni in materia di trattamenti sanitari, ivi incluso il
ricorso all’eutanasia” (il testo è direttamente consultabile
all’indirizzo www.eutanasialegale.it).
Per fare in modo che il Parlamento (quantomeno) discuta la proposta
servono 50.000 firme.
In questa campagna
Sondrio si è confermata una città impegnata nella difesa dei
diritti civili, con all’attivo oltre 400 firme già raccolte in
poche settimane. Attualmente è possibile firmare per la proposta di
legge anche nei Comuni di Sondrio, Morbegno, Cosio, Ardenno,
Berbenno, Mantello, Tirano, Villa di Tirano, Bianzone, Cercino e –
tra pochi giorni – Grosotto.
Nell’ambito di questa
iniziativa, poi, il gruppo Radicali Sondrio ha raccolto oltre 300
firme sulle proposte di legge per l’introduzione del reato di
tortura, a favore della legalità e il rispetto dei diritti
costituzionali nelle carceri e per la depenalizzazione del consumo
delle droghe con la conseguente riduzione dell’impatto penale.
Queste proposte sono state promosse dall’Associazione Antigone,
dall’Arci, dalla Cgil e da numerose altre associazioni che si
occupano del mondo penitenziario e della questione giustizia, come il
Coordinamento dei garanti dei diritti dei detenuti.
Il prossimo appuntamento
in programma è per sabato 18 maggio a piazza Garibaldi (Sondrio)
dalle 9.30 alle 12.30 e dalle 15 alle 19. Firmare per legalizzare
l’eutanasia non è solo una scelta di civiltà, è anzitutto una
scelta di libertà.
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