"QUELLA VIGNETTA DIFFAMA IL GIUDICE". MA E' UN MANIFESTO STORICO
Claudia Osmetti
cla.osmetti@gmail.com
Articolo già pubblicato sul quotidiano Libero domenica 18 maggio 2014 (pag. 17)
Un’immagine vale più di mille parole. Deve aver pensato
questo un giudice del Tribunale di Brescia quando, lo scorso marzo, ha
confermato una sentenza di condanna per diffamazione a mezzo stampa in capo a ‘l Gazetin, un giornale indipendente di
cronaca civile di Morbegno (Sondrio) reo di aver pubblicato una “vignetta” in
merito a un procedimento fallimentare. Peccato, però, che l’immagine in questione
altro non sia che un manifesto. Storico, per giunta.
Un pugno di ferro che schiaccia un gruppo di partigiani,
sullo sfondo delle case in fiamme e la scritta “Banditi e ribelli, ecco la
vostra fine”. Se volete vederlo vi basta fare un salto in via Borgonuovo a
Milano. Già, perché quel manifesto è addirittura in esposizione al Museo del
Risorgimento del capoluogo lombardo. Data della prima affissione: 1944. Non
proprio ieri, ecco. Oppure potete collegarvi al sito lastoriamilitare.com: lì è
possibile addirittura comprarne una copia (“originale”, si precisa) per la
modica cifra di 400 euro.
Eppure
per il magistrato non ci sono dubbi: quella “vignetta”, pardon quel manifesto, diffama
il giudice delegato al fallimento.
Beninteso, l’articolo con il quale, nel 2008, era proposto non integra gli
estremi di alcun reato: giornalismo spiccio, va bene così. Anzi, “il testo non
travalica i limiti dell’esercizio del diritto di cronaca e di critica come da
tempo elaborati dalla giurisprudenza”, parola dello stesso Tribunale di Brescia.
Ma quell’immagine, quella proprio non va.
“Così proposta”,
continua infatti la sentenza della prima sezione civile del foro bresciano, “travalica
i limiti del diritto di satira”. Risultato: il direttore, in solido con la
cooperativa editrice del mensile, deve pagare 7 mila euro. E tanti saluti alla
cronaca indipendente.
Non che sia la prima batosta giudiziaria per ‘l Gazetin, intendiamoci. Sempre in
merito a quel procedimento fallimentare (il caso Gianoncelli che dura da 16
anni e non si è ancora concluso, ma i tempi della giustizia italiana son quelli
che sono) il mensile valtellinese dovrà pagare, tra risarcimenti e spese
legali, 20mila euro al giudice delegato per un articolo del 2004 e ne ha già
sborsati circa 29mila al curatore fallimentare per altri pezzi pubblicati nel
2000 e nel 2001 e ritenuti diffamatori al pari della vignetta-manifesto. Il
rischio chiusura, trattandosi di un piccolo giornale di provincia, è
praticamente certezza.
Così a scendere in piazza sono stati i Radicali di Sondrio e
l’associazione Avanti Diritto che ne hanno fatto una piccola battaglia locale: “’l Gazetin è stato condannato
semplicemente perché ha raccontato i
fatti, a differenza di altre testate”, si legge nell’appello per la libertà di
stampa sul quale in Valtellina stanno raccogliendo le firme. “Addirittura -
continua la petizione - questo giornale è stato sottoposto a procedimento due
volte per lo stesso fatto, in barba al diritto di critica. Diritto che vale
anche per l’operato dei giudici ed è un principio riconosciuto dalla Cassazione
e pacifico in tutti i Paesi civili”.
Giustizia giusta e libertà di stampa, quindi. Perché sarà anche vero che le sentenze si applicano, ma si commentano (e si criticano) pure. In un Paese libero, almeno.
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