mercoledì 17 ottobre 2012

Mozione Generale

L'approvazione del Comitato Nazionale 

IL TESTO INTEGRALE DELLA MOZIONE DI RADICALI ITALIANI DELL'OTTOBRE 2012






Di seguito il testo integrale della mozione generale presentata dal Segretario di Radicali Italiani Mario Staderini e dal Tesoriere Michele De Lucia, e approvata dal Comitato Nazionale.

Il Comitato nazionale di Radicali Italiani, riunitosi a Roma il 12, 13 e 14 ottobre 2012, ascoltate le relazioni del Segretario e del Tesoriere, le approva.
Il Comitato rivendica come, grazie alla pluridecennale esperienza e alla continuità delle lotte per la legalità degli appuntamenti elettorali e per la pubblicità dei momenti istituzionali e dell’utilizzo delle risorse pubbliche, i Radicali sono stati precursori e determinanti nell’innescare il processo di crisi e disgregazione dei blocchi di potere partitocratico che hanno stravolto e corrotto l’istituto della Regione, a partire dal Lazio di Renata Polverini e dalla Lombardia di Roberto Formigoni. Una verità che i media di regime hanno sistematicamente nascosto agli italiani e quasi sempre falsificato, negando la natura “altra” della storia e del vissuto radicale.
Si aggrava, in questo modo, la censura e la rimozione sistematica delle campagne politiche radicali che è alla base anche della grave situazione economica e organizzativa del Movimento, al punto da metterne gravemente in discussione la stessa possibilità di continuare ad operare oltre la data stabilita per la tenuta dell’XI Congresso, convocato a Roma dal 1° al 4 novembre.
Il Comitato impegna gli organi dirigenti a integrare il documento “La Peste italiana” con specifici approfondimenti, in particolare per quanto riguarda la denuncia dell'illegalità del processo democratico e della giurisdizione, al fine di restituire memoria sulla continuità e sulla durata di alcuni dei fronti di resistenza più significativa e per meglio armare le lotte future.
Il Comitato denuncia i tentativi in corso –rispetto ai quali il Presidente della Repubblica è purtroppo inerte e non esente da responsabilità- per mantenere il carattere antidemocratico delle prossime elezioni, a partire dalla fase di presentazione delle liste,  le cui condizioni si prefigurano identiche a quelle che hanno determinato, da ultimo, i casi di illegalità conclamata nelle elezioni regionali.  Ma, soprattutto, l’annunciata, pervicace volontà di modificare le regole del gioco a poche settimane dal voto - in aperto contrasto con il principio di stabilità delle leggi elettorali elaborato a livello di Consiglio d’Europa e riconosciuto dalla Corte europea dei diritti dell’uomo - pone la Repubblica al di fuori di ogni standard internazionale. 
Il Comitato sostiene l’iniziativa nonviolenta condotta dal 18 settembre dal deputato radicale Maurizio Turco affinché i cittadini siano almeno informati di questa realtà e impegna gli organi dirigenti a proseguire nelle iniziative politiche e giudiziarie volte all’affermazione del principio “conoscere per deliberare” e alla riparazione in favore degli italiani di quanto sinora negato dal servizio pubblico radiotelevisivo, in primo luogo con la cancellazione per quattro anni delle tribune politiche, obbligatorie per legge.
Il Comitato, considerata l'opportunità di fare tesoro persino di elezioni truccate per creare nuove occasioni di lotta politica e di denuncia del carattere di delinquente professionale dello Stato italiano, dà mandato agli organi dirigenti: 
  • nell'immediato, di predisporre delle liste radicali per la legalità sulle quali iniziare da subito a raccogliere firme –con un tavolo simbolico in piazza del Quirinale- e così avvertire i cittadini che il processo elettorale è di già iniziato, in quanto la legge fissa in sei mesi precedenti al termine di deposito delle liste il momento a partire dal quale vanno raccolte le oltre 160 mila sottoscrizioni necessarie per partecipare alle elezioni politiche;
  • di operare assieme ai soggetti della “galassia” per la predisposizione di liste radicali per le elezioni, sia politiche nazionali che regionali e locali; tali liste dovranno essere aperte alle personalità e ai militanti di ogni provenienza politica e civile che si riconoscono negli obiettivi di alternativa radicale, nonviolenta e democratica. Il Comitato rivolge un urgente appello perché tali personalità e militanti, a partire dai protagonisti della lotta per la legalizzazione della giustizia e del carcere, partecipino con pieno diritto al Congresso;
  • di depositare in Corte di Cassazione i quesiti referendari sinora predisposti e quelli che si riusciranno a preparare. Queste proposte, da presentare a Congresso invitando singole personalità e organizzazioni disponibili ad esserne copromotori, dovranno essere tali da esprimere  un programma di governo alternativo;
  • di avviare l’urgente mobilitazione di tutte le forze militanti per consentire l’avvio in contemporanea della campagna di raccolta firme per le elezioni e della campagna referendaria, con una selezione dei quesiti già depositati.
Il Comitato, inoltre, prende atto della scelta di Bersani, Nencini e Vendola di procedere congiuntamente alla stesura di una “carta d’intenti”, escludendo totalmente il movimento radicale e referendario; una scelta che, pur non sorprendendo, appare quanto mai scandalosa, sia nel metodo con il quale quegli apparati hanno tagliato fuori dalla decisione i loro stessi dirigenti e militanti, sia nel merito di una continuità con il peggio delle tradizioni trasformiste e togliattiane.
Il Comitato saluta e ringrazia le 1.611 persone – 1.148 iscritti e 463 contribuenti – che hanno deciso di sostenere il Movimento per il 2012, per un autofinanziamento complessivo di 203mila euro, e si appella a tutti gli iscritti e ai militanti affinché si mobilitino, assieme agli organi dirigenti, per la raccolta di almeno duecento nuovi iscritti, o l’equivalente in contributi, entro la tenuta del Congresso stesso.
Il Comitato, infine, saluta le oltre 300 mila firme raccolte sugli otto referendum di "Roma Sì muove" che rappresentano uno straordinario patrimonio di partecipazione ed entusiasmo oltre che la migliore risposta al malaffare partitocratico,  e ringrazia le centinaia di volontari che hanno organizzato banchetti referendari durante i mesi estivi nonostante gli ostacoli frapposti dall'assenza di legalità, dai media di regime e dagli apparati di quelle forze politiche e sociali che hanno vissuto con timore la prospettiva di dare voce, attraverso i referendum, a quei cittadini che hanno costantemente ingannato.

martedì 16 ottobre 2012

La fine del Celeste non è la fine degli scandali


La fine del Celeste non è la fine degli scandali
Riforme “radicali” per abbattere il sistema

Marco CappatoPubblicato da 
il 16 ottobre 2012.
Pubblicato in gli Altri.
È già successo vent’anni fa: i partiti travolti dagli scandali, un pezzo di ceto dirigente spazzato via, arresti e proteste di piazza. Non finì bene. Il cambio di sigle e protagonisti non arginò il degrado politico-istituzionale con i suoi “prodotti”, dal debito pubblico a quello ecologico, dal collasso della giustizia al declino economico.
Che oggi possa finire peggio di vent’anni fa lo dicono il contesto e i protagonisti. Il contesto è quello di una crisi certamente più profonda di allora, sia sul piano sociale che su quello istituzionale. Sui protagonisti, basta seguire alcune storie e percorsi compiuti da allora ad oggi. Di Pietro, da pm che provocò lo scioglimento di alcuni partiti, ora deve fare i conti con i guai del proprio. E mentre Franco Fiorito racconta che a lanciar monetine a Craxi davanti al Rapaehl vent’anni fa c’era anche lui, le piazze antiformigoniane si riempiono di personalità che fino a ieri avevano convissuto con il Governatore nel ricco sistema di appalti e spartizioni, di coperture sia giudiziarie che televisive.
Proprio la parabola della Lombardia formigoniana è emblematica del processo in atto e delle alternative possibili. Come gli italiani non sanno, il Consiglio regionale della Lombardia insieme alla Giunta e al suo Presidente sono stati costituiti grazie a una truffa elettorale scoperta e denunciata dai Radicali. Sarebbe bastato che fossimo in una democrazia e in uno Stato di diritto per impedire che si tenessero elezioni illegali, come avevamo per tempo chiesto al Presidente della Repubblica, o per annullarle subito. Non siamo stati ascoltati, né da colui che dovrebbe essere supremo garante della legalità costituzionale, né dai partiti della opposizione ufficiale, i cui vertici o se ne sono disinteressati oppure, è il caso del Pd, hanno ostacolato attivamente l’azione politica e giudiziaria radicale.
A chi avesse dei dubbi sul carattere trasversale del sistema Lombardia, tra Compagnia delle opere e cooperative di ogni colore, basti ricordare che il candidato della sinistra si chiamava Penati, cioè una personalità che poteva ambire a modificare i rapporti di forza tra gruppi di potere, ma non di rappresentare un’alternativa. Ecco perché è bene oggi essere più che diffidenti di fronte alle tardive chiamate alla ribellione antiformigoniana invocata dallo stesso sindaco Pisapia: non c’è soltanto il problema di evitare che qualche giovane “Fiorito” di oggi segua percorsi simili, ma anche di impedire a un pezzo di partitocrazia di salvare se stessa buttando a mare altri pezzi, come si illuse di fare Occhetto con la “gioiosa macchina da guerra” di allora. La foto della “macchinina da guerra” di Bersani, Nencini, Vendola, con tanto di tentativo di esclusione di Verdi, Di Pietro e Radicali, non lascia ben sperare.
Oggi come allora, non esistono scorciatoie. Per fermare sia il declino economico che il degrado istituzionale sono indispensabili riforme radicali: chiudere il rubinetto dei finanziamenti pubblici ai partiti, al Vaticano e a tutto il parastato corporativista; fare una legge elettorale che metta al centro la persona invece che i partiti; rendere capillare e sistematica l’anagrafe pubblica degli eletti e dei nominati; far ripartire la giustizia, con una grande amnistia legale che sconfigga l’amnistia clandestina delle prescrizioni. Queste riforme non sono all’ordine del giorno di una campagna elettorale ormai aperta, e che fin d’ora si può prevedere sarà condotta nella più assoluta illegalità: abolizione delle tribune elettorali, impossibilità di raccogliere le firme legalmente, città incartate da manifesti abusivi, rimborsi elettorali truffaldini, negazione di ogni diritto dei cittadini a conoscere per deliberare.
Le questioni sul tavolo sono tanto numerose e tanto gravi da imporre che si chiami in causa innanzitutto il ruolo di Giorgio Napolitano, non soltanto per le sue responsabilità istituzionali, ma ancora di più per quelle responsabilità politiche che, fuori e spesso contro la Costituzione, lui stesso si è attribuito come grande regista di questa fase dalla nascita del Governo Monti.
Il primo problema che il Presidente dovrebbe smettere di ignorare sono le condanne dell’Italia da parte della Corte europea dei diritti umani per lo stato della nostra giustizia e delle nostre carceri. Finché il nostro Paese non diverrà capace di rispettare la legalità internazionale, non sarà neanche attrezzato per fare fronte alla marea di scandali con quell’unico strumento che è più forte di ogni trasformismo e di ogni epurazione: quello del rispetto della legge. Noi Radicali, come abbiamo fatto su giustizia e carceri o sulla pubblicazione dei bilanci dei Gruppi della Regione Lazio o su “Firmigoni”, continueremo a fare la nostra parte.

lunedì 15 ottobre 2012

L’abominevole morte di Luigi Marinelli

Alessandro Litta Modignani

15-10-2012
Sempre più spesso sentiamo nominare Cucchi, Aldrovandi, Bianzino, Uva.... Nomi diventati tristemente familiari, evocatori di arbitrio, brutalità, violenza, morte, denegata giustizia. Il muro dell’omertà e del silenzio poco alla volta si rompe, le famiglie coraggiose non si rassegnano al dolore della perdita, facebook e internet fanno il resto, obbligando la carta stampata ad adeguarsi e a rispettare il dovere di cronaca. Così, uno dopo l’altro, altri nomi e altre vicende emergono dall’oscurità e assurgono alla dignità di “casi”. La lista si allunga, nuovi nomi si aggiungono, con le loro storie di ordinaria follia.
Alla presentazione del libro-denuncia di Luca Pietrafesa “Chi ha ucciso Stefano Cucchi?” (Reality Book, 180 pagine) tenuta nei giorni scorsi nella sede del Partito radicale a Roma, ha finalmente trovato la forza interiore di parlare Vittorio Marinelli, che con voce rotta dall’emozione ha raccontato la morte abominevole, letteralmente “assurda” di suo fratello Luigi.
Luigi Marinelli era schizofrenico, con invalidità riconosciuta al 100%. Si sottoponeva di buon grado alle terapie che lo tenevano sotto controllo, dopo un passato burrascoso che lo aveva portato in un paio di ospedali psichiatrico-giudiziari. Spendaccione, disturbato, invadente fino alle soglie della molestia, divideva la sua vita fra gli amici, la sua band e qualche spinello. Era completamente incapace di amministrarsi. Ricevuta in eredità dal padre una certa somma, la madre e i fratelli gliela passavano a rate, per evitare che la sperperasse tutta e subito. Rimasto senza soldi, la mattina del 5 settembre 2011 Luigi va dalla madre, esige il denaro rimanente; si altera, dà in escandescenze, minaccia, le strappa la cornetta dalle mani – ma non ha mai messo le mani addosso a sua madre, mai, neppure una sola volta nel corso della sua infelice esistenza.

Messa alle strette, la madre chiama Luisa (la fidanzata di Luigi, anch’ella schizofrenica) chiama l’altro figlio Vittorio, chiama la polizia e quest’ultima decisione si rivelerà fatale. Arrivano due volanti - poi diventeranno addirittura tre o quattro - trovano Luigi che straparla come suo solito semi-sdraiato sulla poltrona, esausto ma in fin dei conti calmo. Gli agenti chiamano il 118 per richiedere un ricovero coatto. Arriva Vittorio, mette pace in famiglia, madre e figlio si riconciliano, Luigi riceve in assegno il denaro che gli appartiene e fa per andarsene. Ma la polizia ha bloccato la porta e non lo lascia uscire, dapprima con le buone poi, di fronte alle crescenti rimostranze, con l’uso della forza. Luigi è massiccio, obeso, tre poliziotti non bastano, ne arriva un quarto enorme e forzuto. Costui blocca lo sventurato contro il muro, lo piega a terra, lo schiaccia con un ginocchio sul dorso, gli torce le braccia dietro la schiena e lo ammanetta, mentre Vittorio invita invano gli agenti a calmarsi e a desistere. “Non fate così, lo ammazzate...!” dice lui, “Si allontani!” sbraitano quelli. Vittorio vede il fratello diventare cianotico, si accorge che non riesce a respirare, lo guarda mentre viene a mancare. Allontanato a forza, telefona per chiedere aiuto al 118 ma dopo due o tre minuti sono i poliziotti a richiamarlo. Luigi ormai non respira più ma ha le braccia sempre bloccate dietro alla schiena: le chiavi delle manette.... non si trovano! La porta di casa è bloccata, non si sa da dove passare, un agente riesce finalmente a trovare la porta di servizio, scende alle auto ma le chiavi ancora non saltano fuori. “Gli faccia la respirazione bocca a bocca!” gridano gli agenti in preda nel panico (Luigi è bavoso e sdentato, a loro fa schifo, poverini). Liberano infine le braccia ma ormai non c’è più niente da fare. Il volto di Luigi è nero. E’ morto. Arriva l’ambulanza, gli infermieri si trovano davanti a un cadavere ma, presi da parte e adeguatamente istruiti, vengono convinti dagli agenti a portare via il corpo per tentare (o meglio: per fingere) la rianimazione. Il resto di questa storia presenta il solito squallido corollario di omertà, ipocrisia, menzogne, mistificazioni. Gli agenti si inventano di avere ricevuto calci e pugni per giustificare l’ammanettamento, il magistrato di turno avalla la tesi della “collutazione”. L’autopsia riscontra la frattura di ben 12 costole e la presenza di sangue nell’addome, la Tac rivela di distacco del bacino, evidenti conseguenze dello schiacciamento del corpo. Le analisi tossicologiche indicano una presenza di sostanze stupefacenti del tutto insignificante. A marzo il pm chiede l’archiviazione sostenendo che la causa della morte è stata una crisi cardiaca. La famiglia presenta opposizione. Qual è stata la causa della crisi cardiaca? Perché è stato immobilizzato? Era forse in stato d’arresto? In questo caso, per quale reato? Le varie versioni degli agenti, mutate a più riprese, sono in patente contraddizione. “Gli venivano subito tolte le manette” è scritto spudoratamente nel verbale, mentre in verità gli sono state tenute per almeno 10 minuti, forse un quarto d’ora. L’ultima volante dei Carabinieri, sopraggiunta sul posto, descrive nel verbale “un uomo riverso a terra ancora ammanettato”. Ma quando Vittorio Marinelli fa notare al magistrato che questa è evidentemente la “causa prima efficiente” dell’arresto cardiaco, si sente rispondere dal leguleio che “la sua è un’inferenza”. Resta il fatto che prima di essere ammanettato Luigi Marinelli era vivo, dopo è morto. Queste sono le cosiddette forze del cosiddetto ordine, questa è la magistratura dell’Italia di oggi. Tornano alla mente le parole pronunciate da Marco Pannella in una conferenza stampa di un paio di anni fa: “Presidente Napolitano, tu sei il Capo di uno Stato di merda”.